In un articolo comparso su questa rivista alcuni anni or sono, ebbi a evidenziare, di contro alle osservazioni altrove avanzate da Christian Abry e di Alice Joysten su «Le monde alpin et rhodanien»[1], come esseri all’apparenza malvagi e facitori di modificazioni territoriali, fossero – in realtà – sì facitori ma non malvagi, bensì indotti ad assumere un determinato atteggiamento per il comportamento degli umani nei loro confronti. In quella sede, poi, premendomi evidenziare – appunto – la non correlazione fra inclinazione al male e condotta malvagia verso l’umana specie, non ebbi a soffermarmi su ciò che, viceversa, appare centrale in questa sede: il ruolo di fate, selvaggi e altre figure immaginarie ai fini della conformazione del territorio e delle sue articolazioni anche di ordine culturale e umano.
[1]) Christian Abry, Alice Joysten, Êtres fantastiques conducteurs de coulées dans les Alpes. Du hasard et de la nécessité des spéculations dans la narration, in «Le monde alpin et rhodanien», 23 (1995), 1° trimestre, pp. 39-66. Il riferimento è a Fulvio Trivellin, Dalle catastrofi leggendarie ai cicli fiabeschi in area valdese. Ipotesi di ricerca e di connessioni tra leggende e fiabe, in BSSV, n. 183 (1998), dicembre, pp. 45-76.