Saggio su Sade

Frutto di oltre due anni di lavoro, giunge alla fine un lavoro che si reputa innovativo sul piano metodologico e per le risultanze delle analisi compiute. L’assunto di partenza dei viaggi oltremondani, segnatamente nel Paese di Cuccagna inteso come topos letterario, viene ad assumere un paradigma cui si sono comparate sia Les 120 journées de Sodome di Donatien-Alphonse-François de Sade e sia altre sue opere, dalle tre versioni di Justine al seguito di Juliette, al filosofico-utopistico Aline et Valcour, infine al libertino-politico-filosofico La philosophie dans le boudoir, anche se di fatto si sono considerate pressoché tutte le opere di Sade, talune delle quali qua e là citate nel corso del testo.





Frutto altresì di un’indagine interdisciplinare, dove antropologia culturale, storia delle religioni, sociologia, politica, storia medievale e della rivoluzione francese, folclore, agiografia e storia e critica letteraria soprattutto medievale, psicologia e psicanalisi, ecc., hanno trovato – si reputa – sintesi brillante; nondimeno senza le pregnanti e ineludibili suggestioni letterarie para-freudiane di Francesco Orlando non si sarebbe giunti alle conclusioni di cui s’è detto poc’anzi. Ai suoi studi si deve riportare l’intuizione secondo la quale, dietro ad opere sadiane cosiddette “proibite” e segnatamente dietro al mai pubblicato Les 120 journées de Sodome, si poteva prospettare una duplice formazione di compromesso letteraria che, in ultima istanza, non appare condividere nulla o quasi con la percezione comune che si ha di Sade, con l’erotologia sadiana, con il suo preteso materialismo illuministico, addirittura con il suo libertinismo esasperato e manifestato in modo veemente quasi in ogni pagina di questo capolavoro in forma di appunti in tre su quattro parti, essendo di fatto conclusa solo la prima.

Si è consapevoli dei limiti di questo studio e dei confronti qua e là posti in essere con testi e autori ormai consolidati e di chiara fama, Francesco Orlando per primo (ma si potrebbe citare anche il celeberrimo studio di Michail Bachtin su Rabelais e altri a seguire), nondimeno si è consapevoli dello sforzo fatto e della necessità di dover – come dire – fare i conti con testi e autori talora su posizioni difformi e distanti dagli assunti di partenza di chi ha esaminato e studiato l’opera sadiana partendo da presupposti storico-religiosi e semiologico-letterari, senza trascurare le suggestioni provenienti dalle discipline di cui s’è detto più sopra, con una sorta di ripresa nel presente neoliberista e globalista a proposito dell’utilizzo politico-retorico odierno del topos del Paese di Cuccagna per giustificare le deportazioni di massa dall’Africa verso l’Europa e, in special modo, verso l’Italia, che tutto è tranne che una Terra di Bengodi se non per pochi.
